domenica 20 settembre 2015





Ciao a tutti!
Oggi vorrei parlare di un libro che mi è piaciuto tantissimo e prima di leggerlo non pensavo mi avrebbe catturato così tanto nonostante il suo stile insolito: "La vita davanti a sè".
 
Momò è un ragazzino musulmano, figlio di una prostituta che viene cresciuto insieme ad altri bambini nella sua stessa condizione da Madame Rose, un’ ex prostituta ebrea.
 
E’ una storia di derelitti, emarginati dalla società che si barcamenano alla bell’e meglio, raccontata dal punto di vista di Momò, con uno stile gergale e a volte sgrammaticato che le dà una sfumatura più intensa e intima : come dimenticare Hamil, il vecchio musulmano quasi cieco che tiene stretto a sé “I miserabili” di Victor Hugo come se fosse il Corano; Madame Lola , il transessuale senegalese che fa da mamma a Momò quando Madame Rose si ammala oppure i fratelli Waloumba e i loro bizzarri metodi usati per farla guarire.
E’ soprattutto, però, una storia di profondo affetto tra una donna anziana e un bambino, che nelle ultime pagine raggiungerà i toni più teneri e strazianti .
”Io penso che avesse ragione il signor Hamil quando ci aveva ancora tutta la testa e che non si puo’ vivere senza nessuno da amare,[…]. Io ho amato Madame Rose e continuerò a vederla”.
Questa è una storia che ti entra dentro e non ti lascia per giorni.
 
 
Note sull'autore (tratte da Wikipedia):




Nato a Vilnius in Lituania, figlio di Arieh Leib Kacew e di Mina Owczyńska, Romain Gary arrivò in Francia, a Nizza, all'età di 13 anni. Dopo avere studiato giurisprudenza a Parigi, si arruola nell'aviazione e raggiunge la "Francia libera" (l'organizzazione di resistenza fondata da Charles De Gaulle) nel 1940 e vi presta servizio nelle Forces aériennes françaises libres. Termina la guerra come "compagnon de la Libération" e decorato con la Legion d'onore. Dopo la fine delle ostilità, intraprende una carriera di diplomatico al servizio della Francia. A questo titolo, soggiorna a lungo a Los Angeles (California), negli anni cinquanta, in qualità di Console generale di Francia.
Fu il marito della scrittrice Lesley Blanch e dell'attrice americana Jean Seberg, dalla quale divorziò. Poco più di un anno dopo il suicidio di questa (settembre 1979, per ingestione di barbiturici), profondamente travagliato dalla decrepitezza legata al proprio invecchiamento, si diede la morte sparandosi in bocca.
Dopo la sua morte si scoprì che, sotto lo pseudonimo di Émile Ajar, era l'autore di quattro romanzi la cui paternità era stata attribuita ad un suo parente, Paul Pavlovitch, il quale aveva sostenuto il ruolo di Ajar di fronte alla stampa e all'opinione pubblica.
 



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