giovedì 31 marzo 2016


Ciao a tutti! Oggi vi presento uno dei libri cult della letteratura mondiale di un autore che amo molto: “Norwegian Wood” di Haruki Murakami.
Il protagonista di questo romanzo è Toru Watanabe, un trentasettenne giapponese ed è anche la voce narrante. Nelle prime pagine, lo troviamo in viaggio in aereo verso la Germania . In fase di atterraggio sente diffondersi dagli altoparlanti le note di Norwegian Wood dei Beatles ”in un’annacquata versione orchestrale. E come sempre mi bastò riconoscerne la melodia per sentirmi turbato. Anzi, questa volta ne fui agitato e sconvolto come non mi era mai accaduto” .

Inizia così un viaggio nei ricordi, trasportandoci indietro di vent’anni, nel 1969 con un Toru appena diciottenne.
Toru Watanabe è un ragazzo introverso, estremamente sensibile, privo di qualsiasi ambizione e passione che trascina la sua vita alla giornata. Il suo migliore amico è Kizuki, un ragazzo all’apparenza allegro e scherzoso; grazie a lui conosce la sua fidanzata, Naoko, riservata e silenziosa con cui non è capace di scambiare nemmeno una parola. L’equilibrio di un’apparente vita sociale viene interrotto dall’improvviso suicidio di Kizuki e nei ”dieci mesi dalla morte di Kizuki alla licenza liceale, non sapevo più qual era il mio posto rispetto al mondo che mi circondava.". Si fa trascinare dalla vita senza alcuna ambizione e passione e finisce per farsi iscrivere dai suoi in un collegio che lo lascia indifferente; perde anche qualsiasi contatto con Naoko e si abbandona ad elucubrazioni sulla vita e la morte:
” La morte[…] sentivo che noi vivevamo inspirandola nei polmoni come una finissima polvere. Fino ad allora avevo considerato la morte come una realtà indipendente, completamente separata dalla vita. Come a dire”Un giorno prima o poi la morte allungherà le sue mani su di noi. Ne consegue che fino a quando ciò non avverrà essa non potrà toccarci in nessun modo”. Questo mi sembrava un ragionamento assolutamente onesto e logico. La vita di qua, la morte di là.[…]Ma a partire dalla notte in cui morì Kizuki, non riuscii più a vedere in modo così semplice la morte (e la vita). La morte non era più qualcosa di opposto alla vita. La morte era già intrinsecamente nel mio essere, e questa era una verità che, per quanto mi sforzassi, non potevo dimenticare. Perché la morte che in quella sera di maggio, quando avevo diciassette anni aveva afferrato Kizuki, in quello stesso momento aveva afferrato anche me”.
La sua vita nel collegio procede metodicamente quando improvvisamente ritrova Naoko per caso nella metropolitana e iniziano a frequentarsi. E’ però un rapporto sofferto a causa delle paure che attanagliano Naoko che lui non è capace di capire fino in fondo e che la condurranno a rinchiudersi in un istituto di cura per persone depresse. La loro frequentazione diventa prettamente epistolare, a parte due volte in cui Toru andrà a trovarla e passerà dei giorni relativamente sereni con lei.
Nella vita di Toru, all’improvviso irromperà una ragazza dalla personalità singolare ed esplosiva, Midori, da cui si sentirà fortemente attratto, nonostante l'intenso sentimento che prova per Naoko.
La confusione dei suoi sentimenti e l’incapacità di prendere qualsiasi decisione, lo renderanno semplice osservatore della sua vita. Ma ancora una volta sarà la vita (o la morte) a prendere una decisione per lui.
Norwegian Wood è un libro in cui ritengo che Murakami , nonostante l’assenza delle tipiche atmosfere surreali e oniriche, sia stato in grado di creare con uno stile intimo e soave, che si sofferma delicatamente anche su piccoli dettagli, (come un fermaglio per capelli a forma di farfalla) delle situazioni che riportano ad immagini impalpabili e simboliche. Le descrizioni di scene sessuali abbastanza esplicite sebbene all’inizio mi abbiano infastidito perché sembrano cozzare con la levità dello stile, successivamente le ho trovate azzeccate perché hanno reso con maggior forza la confusione del protagonista diviso tra la forza di questi momenti di passione e la pigrizia esistenziale che lo ha carpito con i suoi artigli.
Murakami ha saputo descrivere bene la sofferenza e i tormenti di un animo adolescenziale lacerato dal desiderio di entrare a far parte del mondo degli adulti e affermare il proprio io, incapace però di staccarsi dalla spirale della routine che appiattisce ogni individualità.
 Alla prossima!

martedì 29 marzo 2016



Ciao a tutti! Terminate le feste pasquali eccomi qui davanti al pc  a parlarvi di un altro libro. Oggi vi suggerisco il libro di un autore che è capace di far viaggiare il lettore verso un mondo magico e fiabesco: Mauro Corona con “La voce degli uomini freddi”.
"Era un paese di neve. Nevicava anche d’estate. E nelle altre stagioni nevicava lo stesso. Nevicava sempre.[...]Lassu' vivevano donne e uomini soffiati nella neve, statue di ghiaccio che nessun fuoco avrebbe mai potuto sciogliere. Nemmeno quello dell'amore. [...]Così era la faccenda lassu', sui monti degli invisibili." Ecco alcuni stralci dell'incipit di questa malinconica e dolce fiaba romanzata. Corona ci trasporta teneramente e con nostalgia in un luogo e tempo ormai perduti, in cui esisteva un villaggio che viveva pacificamente ai ritmi della natura, anche quelli tragici, senza mai lamentarsi e amando qualsiasi evento la vita gli donasse, persino la morte. Un piccolo popolo tra i monti, così in alto e così nascosto, che nemmeno le guerre tra gli uomini delle "città fumanti" potevano turbarli. Ma non c'è luogo dove la cattiveria e l'avidità umana riescano ad arrestarsi, perciò rimane ormai solo il "cantastorie" Mauro Corona a incantarci con la storia di questi tenaci e semplici abitanti di un villaggio perso tra i monti, vissuti per dieci secoli indisturbati, rendendoli vividi nella nostra immaginazione e facendoci amare personaggi indimenticabili come i due amanti appassionati e litigiosi i cui scheletri facevano da guardiani alla grotta dei cristalli oppure l'uomo a "tre facce" e la sua amata "dagli occhi parlanti" e altri ancora che con tenerezza ricorderemo anche dopo aver terminato la storia.

Alla prossima!

venerdì 25 marzo 2016


Ciao a tutti! Oggi vi presento un libro delicato e misurato che a me ha colpito proprio per la scelta dello stile narrativo: ”L’ultimo inverno” di Paul Harding.
“Ottantaquattro ore prima di morire George pensò: E’ perché sono come tessere di un mosaico, e hanno lo spazio sufficiente per potersi muovere tutte, anche se solo poco per volta e in un unico luogo, al punto che in realtà sembra quasi che a muoversi sia lo spazio tra l’una e l’altra, ed è proprio quello spazio vuoto che manca, gli ultimi pezzi di vetro colorato e, quando quei pezzi saranno al loro posto, formeranno l’immagine finale, l’ultima combinazione. Ma quei pezzi, lisci, lucidi, laccati, sono le tessere scure della mia morte, grigie e nere, aride e sbiancate, e fino a quando non saranno al loro posto, tutto il resto continuerà a mutare.”
Questo romanzo è il racconto di come George, ormai vecchio e prossimo alla morte, attorniato amorevolmente dalla moglie, i figli e i nipoti, cerchi di mettere a posto tutte le tessere del mosaico che hanno composto la sua vita. Inizia così, un viaggio interiore nella memoria, alla ricerca di un padre la cui immagine è legata ad un carretto pieno di mercanzie che vagava tra i boschi del Maine, ma anche ad una malattia misteriosa e imprevedibile , l’epilessia, che si mostrò nel pieno della sua violenza davanti ad un George dodicenne durante il Natale del 1926.
George riscopre un padre che abbandonò la moglie e i quattro figli piccoli quando si rese conto che la moglie l’avrebbe fatto internare in un manicomio, e si presentò un giorno, improvvisamente davanti alla sua porta quando ormai era un uomo adulto e sposato.
Scorrono davanti agli occhi del lettore, snocciolandosi e mescolandosi, ricordi di George e del padre Howard come se fossero un’unica interminabile allucinazione.
Lo stile usato è quasi mistico, delicato, ma non meno intensamente si avverte la forza straordinaria che emana: è commovente leggere come gli ultimi giorni di vita vengano trascorsi da un figlio a ricongiungersi almeno nella memoria ad un padre.
Quando venne il tempo di morire, lo capimmo e andammo in luoghi riparati, dove ci stendemmo e le nostre ossa si fecero d'ottone. Ci raccolsero e ci usarono per riparare orologi o carillon;[...]E così, finalmente, ci unimmo a un meccanismo più grande.


domenica 20 marzo 2016


Ciao a tutti! Oggi vi parlo di un bellissimo libro di un grande della letteratura horror : “La zona morta” di Stephen King.
Una tranquilla serata trascorsa con la propria fidanzata, si trasforma dopo un incidente in taxi di ritorno a casa, in una lunga notte che durerà quattro anni: Johnny va in coma.
Al risveglio Johnny scopre di avere il potere di carpire eventi del passato e del futuro della gente al semplice contatto fisico. Un potere inquietante che lo porterà ad una vita sofferente e solitaria: ci sarà chi lo allontanerà terrorizzato dall’ essere anche semplicemente sfiorato e chi lo considererà un fenomeno da baraccone oppure un ciarlatano.
King con un ritmo ipnotico delinea la storia tormentata del personaggio mettendo in risalto con estrema partecipazione la solitudine e lo sgomento di un uomo che si trova improvvisamente defraudato di quattro anni della sua vita, senza più alcun punto di riferimento, con un potere su cui non ha alcun controllo, che segnerà in maniera implacabile il suo destino.
"A volte niente è giusto – disse Johnny-Vecchio mondo cattivo. A volte, non ti resta nient’altro che fare quello che puoi e cercare di tirare avanti."

Alla prossima!

domenica 13 marzo 2016



Ciao a tutti! Eccomi qui con un libro che fa riflettere su come il dramma della guerra possa colpire indirettamente anche le generazioni future: “La foresta di girasoli” di Torey L. Hayden. Lesley sembrerebbe vivere nella classica famiglia americana. La mamma, Mara, è solita allietare Lesley e Megan, la sorella di dieci anni, con affascinanti storie sulla sua vita in Germania, in Ungheria e nel Galles prima e dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale; il padre lavora in un’officina meccanica, adora la sua famiglia ed è propenso addirittura a cambiare spesso città per rendere loro la vita più piacevole.
La tranquillità, però, è solo apparente, perché la mamma serba da anni un terribile segreto che la ossessionerà e la condurrà in una spirale di follia fino a farle commettere un gesto tragico nonostante il conforto della famiglia.
Lesley per onorare la memoria della mamma, decide quindi di partire e di rivivere i luoghi che l’hanno resa felice.
La storia è narrata dal punto di vista di Lesley e con uno stile accurato che descrive dettagliatamente i pensieri e le emozioni della protagonista,  si vivono in prima persona l’ansia, l’angoscia e il profondo desiderio di vivere una vita familiare normale di una ragazza di diciassette anni.
L’autrice rende evidente come gli orrori della seconda guerra mondiale non si siano limitati semplicemente agli anni del conflitto ma si siano perpetrati anche successivamente, devastando intere famiglie, subdolamente, come un tumore, che cresce nascosto e si rende evidente quando la vittima meno se l’aspetta e quando ormai e troppo tardi.

Alla prossima!

sabato 12 marzo 2016



Ciao a tutti! Oggi vi voglio parlare di un libro che colpisce per la sua forza con cui penetra e studia l’animo umano: “L’Estranea” di Patrick McGrath.
Patrick McGrath sonda con estrema sensibilità la vulnerabilità di una donna vittima di sentimenti autodistruttivi.
Constance, è una bellissima ragazza bionda di ventitrè anni cresciuta senza l’appoggio dell’affetto materno, perso quando era solo una bambina, non sostenuta né amata dal padre verso il quale cova un odio viscerale e con una sorella, al contrario amatissima dal genitore ma che ha anche bisogno dell’approvazione della sorella. Sposa, dopo un breve corteggiamento Sydney, un uomo più maturo di lei, uno scrittore, con un figlio e un divorzio alle spalle, che la ama profondamente e che si lascia intenerire dalla sua profonda fragilità e decide di ergersi a suo “salvatore”.
Ma ben presto, quando alla protagonista il padre rivela di essere il frutto di una relazione clandestina della madre, alcuni pensieri maniacali prenderanno il sopravvento e la porteranno ad isolarsi in maniera drammatica da tutto e tutti fino alla risoluzione finale che potrebbe essere per lei la rinascita ad una nuova vita.
Con uno stile scarno ed essenziale, McGrath dipana man mano la storia, permettendo al lettore di inabissarsi lentamente nei misteriosi meandri dell’animo umano. Interessante anche la scelta narrativa di alternare due voci narrative, quella di Constance, febbrile, paranoica, sofferente con quella più razionale e misurata del marito Sydney.
Un libro che induce a porre interessanti interrogativi sulle profondità della psiche umana e sul labile confine tra la follia e la sanità mentale. Le risposte sono dentro di noi o forse, semplicemente non esistono.

Alla prossima!

sabato 5 marzo 2016

Harper Lee



Harper Lee, scomparsa il 19 febbraio di quest'anno, rappresenta una pietra miliare nella  letteratura mondiale, sebbene abbia pubblicato solo due romanzi e l’ultimo addirittura a distanza di 55 anni dal primo.
Il suo  capolavoro “Il buio oltre la siepe”, studiato in tutte le scuole degli Stati Uniti, ha venduto oltre 40 milioni di copie in tutto il mondo ed è stato tradotto in almeno 40 lingue.
Ma andiamo per gradi e seguiamola lungo il corso della sua vita.
Nelle Harper Lee nasce il 28 Aprile 1928 a Monroeville la più piccola di quattro figli. Suo padre, Amasa Coleman Lee, è un avvocato, membro della Corte legislativa Statale dell'Alabama e proprietario di parte del giornale locale mentre la madre, Frances Finch Lee è una donna ammalata che esce raramente di casa, morirà nel 1951. Frequenta le scuole elementari e le superiori a pochi isolati di distanza da casa sua, in Alabama Avenue. Uno dei suoi più cari amici di infanzia, che avrà un’enorme influenza nella sua vita è Truman Capote e sebbene di temperamento molto diverso, entrambi sono accomunati da una vita familiare complicata: Truman vive con i parenti di sua madre a Monroeville, pressoché abbandonato dai suoi genitori.
Al liceo scopre il suo amore per la letteratura e dopo il Diploma, nel 1944 frequenta il College Femminile Huntington di Montgomery dove rimane quasi in disparte per concentrarsi sugli studi e la scrittura, ma il suo voluto isolamento non le impedisce di diventare membro della società letteraria del coro. In seguito si trasferisce all’University of Alabama, presso Tuscaloosa e partecipa per un certo periodo ad un’associazione femminile universitaria, e, assecondando la sua passione nascente per la scrittura, contribuisce al giornale umoristico  della scuola “Rammer Jammer”, del quale diventerà anche la direttrice.
Si iscrive successivamente alla Facoltà di Legge ed è costretta ad abbandonare il suo ruolo di direttrice del “Rammer Jammer”. Dopo un anno di studi si rende conto che la sua vera ispirazione è diventare una scrittrice e nel 1948 va alla Oxford University in Inghilterra ma nel 1949 torna negli Stati Uniti e si iscrive alla Facoltà di Legge a New York, che decide di lasciare dopo solo un semestre per dedicarsi definitivamente al suo sogno di scrivere. Qui per mantenersi, lavora per diversi anni come agente di viaggi per la Eastern Airlines e British Overseas Air Corp. A New York ritrova il suo amico di infanzia Truman Capote, che sta diventando un astro nascente della letteratura del tempo e fa amicizia con i coniugi Browns (Michael Martin Brown è un compositore e paroliere di Broadway).
I Browns per il Natale del 1956 le faranno un regalo straordinario che le permetterà di dare una svolta alla sua vita: il denaro necessario per vivere un anno senza lavorare e dedicarsi a tempo pieno alla stesura del suo romanzo. L’aiuteranno  a trovare un agente, Maurice Crain che la presenterà ad una casa editrice, la J.B. Lippincott & Co.
 Nel 1957 presenta alla casa editrice “Va, metti una sentinella” (“Go Set a Watchman”) ma le viene consigliato di riscrivere il romanzo dalla prospettiva di un bambino e nel 1960 verrà pubblicato “Il buio oltre la siepe”, successo immediato di pubblico e di critica, che vincerà il Premio Pulitzer l’anno successivo.
Il libro è ambientato nel paese di nascita di Harper Lee e racconta la storia di un avvocato, Atticus Finch e dei suoi due figli, Scout e Jem immersi in una cultura grettamente sospettosa e razzista. Atticus difenderà con fermezza un uomo di colore ingiustamente accusato di stupro; mentre  lo strano vicino di casa, Boo Radley, che terrorizza Scout e Jem si rivela non essere il mostro che i due bambini pensavano fosse.
La voce narrante, quella di Scout, riflette tutta l’innocenza della fanciullezza che si scontra con la meschinità, l’ipocrisia e la cattiveria della comunità in cui vivono. È un duro atto d'accusa contro i pregiudizi e il segregazionismo.
Sebbene Harper Lee abbia sempre negato che il suo romanzo fosse autobiografico,  non è difficile travisare dietro il personaggio di Atticus Finch la figura di suo padre e dietro quello di Dill, l’amico di scorribande di Scout e Jem, la figura di Truman Capote.
 Il titolo in lingua italiana è una metafora ripresa da uno dei passi del libro in cui si parla di Boo Radley, il vicino di casa dei Finch, che Jem e Scout non hanno mai visto e che temono solo perché non conoscono: oltre la siepe che separa la casa dei Radley dalla strada c'è l'ignoto. Il "buio oltre la siepe" rappresenta l'ignoto e la paura che genera il pregiudizio.
Nel testo però ci sono più numerosi riferimenti al titolo originale To Kill a Mockingbird" (uccidere un usignolo), un'azione crudele e immotivata. Il "Mockingbird" è un uccellino dal nome scientifico Mimus polyglottos molto diffuso negli Stati Uniti ma non è presente in Italia: la traduzione, mancando di un preciso termine corrispondente, ha variamente proposto sinonimi come tordo, passero, usignolo.

Nel 1962 verrà fatta la trasposizione cinematografica (premiata con  tre oscar) con Atticus Finch  interpretato da un indimenticabile Gregory Peck.
L'attore diviene molto amico del padre di Harper Lee, che muore a 82 anni, purtroppo durante le riprese, e si racconta che dopo la prima scena che Gregory Peck gira in cui si mostra il suo personaggio tornare a casa dall'ufficio legale mentre i suoi bambini gli corrono incontro per salutarlo, la Lee che è ospite sul set quel giorno, si sia commossa. 

Quando Peck chiede alla scrittrice se abbia fatto qualcosa per turbarla, la Lee spiega che aveva pianto perché aveva notato che aveva la stessa andatura del suo defunto padre; per questo motivo al termine delle riprese la scrittrice vuole regalare all’attore l’orologio di suo padre (utilizzato anche come oggetto di scena).
Dopo questa curiosità ritorniamo alla nostra Harper Lee che troviamo così fortemente disorientata dall’enorme e immediato successo che nel 1964 decide di ritirarsi per sempre nel suo paese natale, dove vivrà con la sorella Alice (deceduta ultracentenaria nel 2014 e avvocato della Lee fino al termine dei suoi giorni) senza rilasciare alcuna intervista da allora e conducendo una vita molto semplice e ritirata.
Molto attiva nella comunità della sua Chiesa, Harper Lee molto spesso usa le ricchezze accumulate con il suo successo per fare anonime donazioni filantropiche. 

Uniche sue recenti apparizioni rimangono quella del  2007 con l’onorificenza da parte del Presidente George W. Bush della “Presidential Medal of Freedom” per il suo contributo alla letteratura e quella del 2010 in cui riceve dal Presidente Obama la “National Medal of Arts”.

Nel 2015 viene pubblicato “Va, metti una sentinella”, la prima revisione de “Il buio oltre la siepe” che scatena un sacco di polemiche. La sorella Alice scrive in un comunicato “La povera Nell Harper è cieca e sorda e firmerebbe qualsiasi cosa le ponessero davanti”; per questo motivo molti si sono chiesti se fosse in uno stato mentale tale da poter prendere decisioni autonome e se fosse veramente suo desiderio pubblicare un nuovo romanzo. Significative sono le parole del cugino Richard Williams quando tempo fa  disse di Harper Lee: "Una volta le ho chiesto il motivo per cui non ha mai scritto un altro libro e mi ha detto, 'Quando si ha un colpo del genere, non si può andare da nessuna parte se non verso il basso".
Personalità complessa, talvolta discussa, con un carattere definito 'enigmatico' da tutti coloro che ebbero il piacere di conoscerla. Riservata, rispettata e "protetta" dai suoi concittadini (ogni anno vengono messe in scena produzioni teatrali di "Il buio oltre la siepe"), sebbene abbia deciso di “uscire dalle scene” da più di 50 anni, l’eredità che ci ha lasciato non verrà facilmente dimenticata e rimarrà nei cuori di chiunque si farà incantare dal suo capolavoro.
Alla prossima!